Daniela Scapoli

Sono una web writer: curo le parole che parlano di te e di quel che fai

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27 Settembre, 2019 by Daniela Scapoli (0)

Newsletter interessanti. Insegnare, educare: A Color Story e Planoly

Come dice la mia stella polare di Mailchimp e email marketing Alessandra Farabegoli, per scrivere una newsletter che serva a qualcosa è sempre bene chiedersi What’s in it for them, cosa se ne faranno i lettori di questa newsletter, perché mai dovrebbero leggerla e magari leggerla con molto piacere?

La risposta si trova con relativa facilità se sappiamo con chi abbiamo a che fare e quindi di queste persone conosciamo necessità, desideri e aspirazioni, parole ampie che però di solito hanno significati molto concreti: tutti desideriamo la pace nel mondo ma anche fare belle foto da mettere su Instagram, per esempio.

Insegnare, quindi, è un’azione sensata se vendiamo uno strumento per fare qualcosa: nell’economia da pochi euro di strumenti come le app per editare le fotografie c’è spazio sia per trasmettere qualche conoscenza sia per attirare i lettori con offerte settimanali di nuovi filtri o strumenti aggiuntivi.

Non facciamoli più inconsapevoli di quello che sono, questi lettori: lo sanno bene che riceveranno email su email con inviti ad acquistare, e infilarci anche qualche newsletter di sapore diverso li aiuterà a digerire meglio le pure e continue offere commerciali. Se poi l’app funziona molto bene, i filtri hanno un costo ragionevole e le email sono belle da vedere e da scrollare, la curiosità attenuerà notevolmente la non voglia di aprire le email settimanali.

Io mi sento molto parte del target di A Color Story: ho un iPhone, sono mediamente incapace di fotografare, non amo i filtri pesanti e cerco di imparare dagli altri. A Color Story è una bella app facile da usare, alcuni filtri sono davvero wow e quindi mi fa(ceva) piacere ricevere newsletter così:

Quindi: voglio anche io quell’effetto lì e A Color Story mi spiega come arrivarci o almeno come provarci. Mi è sempre sembrato un buon esempio di come insegnare a fare qualcosa, peccato che le email tematiche che avevano sempre come oggetto “3 Inspiring edits of the week” non ci siano più (non che io sappia): peccato anche perché i tutorial sul sito ai quali linkare sono tanti e belli.

Insegnare bene è anche una delle qualità della newsletter di Planoly, applicazione per gestire account Instagram e programmare i post. Le newsletter sono sempre interessanti (se ti interessa fare quel lavoro lì) e non dimenticano mai che sul sito ci sono sempre articoli di blog e tutorial per imparare a usare Planoly che vengono riproposti nelle email, con un design gradevole che ti aiuta a imparare con più piacere. Per esempio, ecco un pezzetto della newsletter che spiega come usare i draft:

Insomma, mai dare un prodotto per scontato e sempre chiedersi come essere di aiuto a chi legge, anche per far girare quei bei post e tutorial che tanta fatica sono costati, non meritano di stare lì a prendere la polvere ma aspettano una lucidata ogni tanto e magari, quando serve, di tornare in rotazione dentro una newsletter.

23 Settembre, 2019 by Daniela Scapoli (0)

Newsletter che si scrivono da sole

Qualche mese fa ho incontrato alcune case editrici delle mie parti che volevano idee e spunti per migliorare o far partire le loro newsletter. Nella manciata di ore passate insieme ho cercato di spiegare il senso e i vantaggi di una newsletter, senza dubbio un lavoro in più, soprattutto per chi lavora a ranghi ridotti, ma capace di dare grandi soffisfazioni (e quando parlo di soddisfazioni non intendo “guarda che bella newsletter che abbiamo scritto”).

Il punto a favore di queste case editrici specializzate in settori diversi è proprio la loro produzione settoriale che si traduce in lettori appassionati e disponibili all’acquisto, non solo dei nuovi titoli ma anche di pubblicazioni più anziane che potrebbero non aver mai scoperto: succede, anche chi ti ama molto non può tenerti sempre al centro dei suoi pensieri e andare ogni tanto a bussare alla porta dicendo ehi, ho qui dei libri che forse possono piacerti non è un’invasione di campo ma un’azione sensata. Non mi addentro nei meandri di GDPR e dintorni, do per scontato che tutti vogliamo fare bene e scrivere solo a chi ci ha dato il permesso di farlo.

Incontrare persone che vorrebbero far partire una newsletter ti mette sempre a confronto con dubbi e domande legittimi e che non ti saresti mai posto: la più interessante, dal mio osservatorio di professionista che ama le newsletter e ci lavora ogni giorno, è stata la paura che scrivere con uno strumento professionale potesse essere vissuto male da parte dei detinatari e ho scoperto che, a volte, è una delle ragioni per cui alcuni scelgono di scrivere email dai loro indirizzi personali. In realtà, credo che non ci sia footer di Mailchimp o template grafico che tenga: le parole vincono sempre e, se raccontano qualcosa di interessante, se sai a chi stai scrivendo e quindi come scrivergli, il gioco è più o meno fatto, e una casa editrice di piccole dimensioni è la prima candidata a poter creare una newsletter di successo. In altre parole, come ho detto anche a loro: ma se non la fate voi una newsletter, chi altri?

Come succede spesso e giustamente, la parte dei miei interventi che scalda di più comincia quando arriviamo alla slide “Ok, e adesso cosa ci metto dentro queste newsletter?” e si va insieme alla caccia di calendari e contenuti interessanti per chi le dovrà leggere. E quel che mi piace in queste occasioni è vedere che dare idee sul processo di costruzione di un calendario e di una newsletter inizia subito a dare i suoi frutti: la paura di non sapere cosa scrivere forza lo sguardo su se stessi e crea un avvitamento dal quale diventa difficile uscire ma, non appena lo sguardo si alza sul lettore, allora la nebbia si scioglie piano piano e creare una newsletter comincia a sembrare più un piacere che un obbligo da sbrigare una volta al mese o ogni quindici giorni.

Rubriche tematiche, novità, approfondimenti, assaggi di lettura, promozioni, c’è tutto un mondo per chi pubblica libri e non ha la potenza di fuoco delle grandi case edtrici: le idee e le possibilità, dentro il corpo di una mail, sono le stesse per tutti.

Un esempio – gli esempi sono potenti, ispirano e sono sempre graditi – è la newsletter di Minimum Fax, appuntamento del lunedì che spesso mescola rubriche diverse all’interno della stessa newsletter, che a volte diventa molto lunga ma sempre capace di farsi leggere, magari non per intero ma appunto saltando tra una rubrica e l’altra: tra libri, corsi, “cose che ci piacciono, una rubrica per conoscerci meglio”, si sentono le voci di chi ci lavora e la scrittura calda che rende quella mail scritta proprio per te che la ricevi, e che senza dubbio non la scambierai per una comunicazione ingessata dal suo template o dal fatto che il motore che la spedisce sia un mailer.

28 Giugno, 2018 by Daniela Scapoli (0)

Freelancecamp e altre cose

Sono stata al Freelancecamp di Marina Romea e ho anche parlato. L’argomento lo conosco bene, è il cliente fisso e come mantenere una relazione duratura e soddisfacente per tutti senza cadere nella trappola “me lo tengo perché è un’entrata fissa che fa comodo”, che se gratti nasconde la scritta “vorrei mollarlo ma non posso” che a sua volta fa cadere il presupposto dell’essere liberi professionisti.

Comunque: ecco lo speech:

Di tutto questo breve intervento sottolineo tre cose:

  • Citando Enrico Marchetto che lo ha scritto da qualche parte su Facebook o Twitter: ogni tanto bisogna essere anche bravi a dire sì ai clienti. Significa un po’ mettere paletti, un po’ essere flessibili e un lavoro a lungo termine te lo insegna parecchio
  • Trovarsi un referente, project manager o persona con cui parlare: vale per i rapporti a lungo termine, in particolare se si lavora con un’azienda strutturata perché come freelance abbiamo bisogno di non essere travolti da mille esigenze magari anche in conflitto. C’è spazio per tutti, ma passando dal filtro del referente. Lo stesso, potrei dire, vale anche per i progetti con data di scadenza a breve termine, se le persone coinvolte sono molte: se hai chi ti fa da riferimento lavori meglio. Nel mio caso, spesso questa persona è Tatiana Schirinzi.
  • Gustare il bello di potersi permettere qualche breve periodo di lavoro esclusivo con il cliente fisso, ma con l’occhio sempre puntato ad altro: altrimenti siamo dei dipendenti con la partita IVA e non mi sembra un bene in quasi nessun caso.

L’antilingua e il lavoro di noi che scriviamo per lavoro

Sono un po’ afflitta da alcune cose che ho letto – non sono parte del mio lavoro ma interessi personali – e che mostrano ancora una tosta antilingua. La tentazione, che è una reazione, è di aggredire tutti i testi che mi passano sotto mano con sverniciate di penna rossa.

La verità è che invece molti clienti scrivono bene e sono consapevoli di come e cosa vogliono comunicare, e che le relazioni tra me che faccio questo lavoro e il mio cliente non è così diretta né così semplice da poter essere risolta imponendomi su tutti i testi che mi mette sotto il naso: se l’antilingua è un rigurgito incontrollato e inconsapevole, le revisioni diventano un batti e ribatti, e se spesso io sono troppo aggressiva quando scrivo o edito, alla fine spetta a me che sono il consulente riuscire a mediare, trovare la via tra quel che penso sia il mio lavoro e le esigenze e le resistenze del mio cliente.

Anche questo si impara scrivendo per lavoro: scrivendo per i clienti si diventa web writer migliori e si impara ad ascoltare e capirsi davvero.

In ogni caso: Come non scrivere (grazie a Rosalba per avermelo segnalato).

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